Con l’avvicinarsi del conguaglio di fine anno torna in auge il tema dei prestiti concessi dal datore di lavoro in favore dei propri dipendenti.
L’art. 51, comma 4, lett. b) del TUIR prevede infatti che tale erogazione possa configurarsi come “fringe benefit”, e quindi come retribuzione in natura da assoggettare ad imposizione contributiva e fiscale, se il tasso di interessi applicato dal datore di lavoro risulta inferiore al tasso ufficiale di riferimento della Banca Centrale Europea vigente al termine di ciascun anno.
Vediamo nel dettaglio quali sono gli aspetti da tenere in considerazione.
Prestiti aziendali: tassi di interesse e fringe benefit
Partiamo dal dettato normativo: la legge prevede che in caso di erogazione di prestiti in favore dei propri dipendenti, il valore della retribuzione in natura da prendere in considerazione a fini previdenziali e fiscali sia pari al 50% della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso BCE vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 44/E del 25 luglio 2023, ha specificato che tale disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, e si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni.
Pertanto rientrano nell’ambito di questa previsione anche i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano escluse le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro o dal soggetto a questi collegato.
Sebbene sia possibile determinare il corretto valore della retribuzione in natura solo alla fine dell’anno, quando diventa noto il TUR definitivo da prendere a riferimento per il calcolo degli interessi, l’Agenzia specifica che il momento impositivo del compenso in natura e di applicazione della ritenuta alla fonte è quello del pagamento delle singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento; a tal fine è necessario utilizzare il tasso BCE vigente alla fine del periodo d’imposta precedente, salvo effettuare il conguaglio di fine anno tenendo conto del tasso vigente al termine del periodo d’imposta corrente.
Prestiti ai dipendenti come misura di welfare aziendale
Il tasso BCE è rimasto pari allo 0 per parecchi anni, ma a causa dell’elevato livello di inflazione raggiunto a causa del conflitto tra Russia e Ucraina ancora in corso, a partire dal 27/07/2022 la Banca Centrale Europea lo ha progressivamente innalzato, e dal 20/09/2023 si attesta al 4,5%.
Oggi quindi erogare - o avere in essere - prestiti con i propri dipendenti a tasso zero, o comunque a tassi inferiori rispetto a quello applicato dalla BCE, comporta l’obbligo per il datore di lavoro al termine di ogni anno di eseguire il calcolo per determinare se possa prefigurarsi un fringe benefit ed in quale misura.
E’ opportuno ricordare che l’art. 51 comma 3 del TUIR prevede una soglia di esenzione da imposizione fiscale e contributiva per i fringe benefit in misura pari a 258,23 Euro annui, calcolati come somma complessiva del valore dei beni in natura e dei servizi messi a disposizione dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore; inoltre per il 2023 il legislatore ha introdotto con il D.L. 48/2023 l’innalzamento di tale soglia di esenzione fino al limite di 3.000 Euro in favore dei dipendenti genitori con figli a carico.
Pertanto a fine anno il datore di lavoro che ha erogato prestiti in favore dei propri lavoratori dovrà:
- calcolare il 50% della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso BCE vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi;
- se tale valore sarà superiore al limite di 258,23 Euro (o di 3.000 Euro per i lavoratori genitori con figli a carico), singolarmente o calcolato unitamente al valore degli altri fringe benefit eventualmente assegnati dal datore di lavoro nel corso del medesimo periodo d’imposta, andrà assoggettato ad imposizione contributiva e fiscale.