A distanza di anni dall’introduzione della L. n. 81/2017, che ha regolamentato il cosiddetto “lavoro agile”, permangono numerosi dubbi e criticità sulle modalità di applicazione di tale istituto, soprattutto quando l’attività lavorativa è svolta al di fuori dei confini nazionali.
Se da un lato il legislatore ha regolamentato l’utilizzo dello smart working sul territorio italiano, dall’altro manca ancora, sia a livello nazionale che internazionale, un quadro normativo uniforme per le prestazioni in lavoro agile svolte all’estero.
Gli adempimenti normativi per i datori di lavoro
È fondamentale analizzare il lavoro agile evidenziando certezze e criticità, soprattutto nel contesto internazionale, considerato che questa modalità lavorativa si è ampiamente diffusa dal 2020 (a partire dalla pandemia da Covid-19), diventando uno strumento strategico per attrarre nuovi talenti.
In base alla normativa italiana, il lavoro agile può essere attivato solo tramite un accordo scritto individuale tra le parti, eventualmente supportato da un regolamento aziendale. Tale accordo deve essere depositato telematicamente sul portale del Ministero del Lavoro entro cinque giorni dall’avvio della prestazione (art. 14 L. n. 203/2024). È importante comprendere quale normativa sia applicabile da un punto di vista previdenziale e fiscale.
Aspetti previdenziali dello smart working internazionale
Secondo l’art. 11 del Regolamento (CE) n. 883/2004, vige il principio generale della “lex loci laboris”, che prevede che la persona che svolge un’attività lavorativa subordinata o autonoma sia soggetta esclusivamente alla legislazione dello Stato in cui si svolge l’attività. Pertanto, la prestazione lavorativa svolta all’estero dovrebbe essere soggetta alla normativa previdenziale del paese ospitante.
Tale principio può essere derogato solo nei seguenti casi:
- Distacco o esercizio di attività in più Stati (artt. 12 e 13 del Regolamento n. 883/2004);
- Accordo ai sensi dell’art. 16 del Regolamento n. 883/2004, utile per disciplinare situazioni lavorative atipiche non coperte dagli articoli 12 e 13.
La Commissione Europea ha adottato un Accordo Quadro multilaterale che regola l’applicazione dell’art. 16 in caso di telelavoro transfrontaliero abituale.
Definizione di telelavoro transfrontaliero:
Secondo l’art. 1 lett. C dell’Accordo, si tratta di un’attività che:
- È svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui si trova la sede del datore di lavoro;
- Si basa su tecnologie informatiche che consentono di rimanere connessi con l’ambiente lavorativo e i clienti.
L’Accordo prevede che, su richiesta, chi svolge telelavoro transfrontaliero per meno del 50% del tempo totale di lavoro possa essere soggetto alla legislazione previdenziale del paese in cui si trova la sede legale del datore di lavoro.
Stati firmatari dell’Accordo
Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein.
Se il lavoro remoto è svolto in un paese non firmatario, si applica il principio della territorialità. In assenza di accordi bilaterali di sicurezza sociale, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato ad aprire posizioni e versare contributi anche nel paese ospitante.
Aspetti fiscali dello smart working internazionale
In ambito fiscale, è cruciale verificare se il lavoratore mantiene la residenza fiscale in Italia, poiché ciò incide sugli obblighi fiscali del lavoratore e del datore di lavoro.
Secondo il criterio italiano di tassazione:
- I residenti fiscali in Italia sono tassati sui redditi ovunque prodotti (worldwide taxation);
- I non residenti sono tassati solo sui redditi prodotti in Italia.
Per evitare la doppia imposizione, esistono convenzioni internazionali che, in linea generale, prevedono che i redditi da lavoro dipendente siano tassati nello Stato di residenza del contribuente, purché siano soddisfatti congiuntamente i seguenti requisiti:
- Il lavoratore soggiorna all’estero per meno di 184 giorni l’anno;
- Le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro residente in Italia;
- I costi delle remunerazioni non sono sostenuti da una stabile organizzazione del datore di lavoro nello Stato estero.
In assenza di convenzioni, potrebbe verificarsi una doppia tassazione sui redditi da lavoro. Inoltre, il paese estero potrebbe richiedere ulteriori adempimenti, come la creazione di una stabile organizzazione o l’assunzione del ruolo di sostituto d’imposta.
Sicurezza sul lavoro in modalità agile
Per il lavoro agile svolto in ambienti non nella disponibilità giuridica del datore di lavoro, gli obblighi di sicurezza sono assolti tramite un’informativa scritta, che deve identificare rischi generali e specifici. In caso di omissione, il datore di lavoro può incorrere in sanzioni: arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.200 a 5.200 euro.