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Abbiamo preso un caffè con Daniela Di Ciaccio, co-founder di 2BeHappy Agency e dell’Italian Institute for Positive Organizations.
Con lei abbiamo parlato di come la felicità sia qualcosa di concreto, legata a competenze, processi, risultati, e di come lavorare su una cultura positiva sia indispensabile anche e soprattutto in tempi di crisi.
Qui sotto riportiamo un breve riassunto della conversazione. Se preferisci, puoi preparare un caffè e passare alcuni minuti con noi, riguardando il video.
LA FELICITÀ OLTRE L’EMOZIONE: COMPETENZE, PROCESSI, STRATEGIA
Daniela si occupa di felicità da diversi anni: insieme con la collega Veruscka Gennari, fonda nel 2015 2BeHappy Agency dopo una lunga esperienza in azienda. Occuparsi di modelli di leadership e di benessere delle persone non sembrava bastare in uno scenario lavorativo caratterizzato – in ogni tipo di azienda – da demotivazione, sovraccarico lavorativo e stress.
Da dove partire per fare un passo in avanti?
La svolta è arrivata quando si è imbattuta nel costrutto psicologico della felicità intesa come competenza: non è (solo) un’emozione, ma si può studiare dal punto di vista scientifico, si può allenare e sviluppare nel tempo.
Le organizzazioni che, consapevolmente o meno, mettono in pratica i principi della “scienza della felicità” basano le loro azioni su quattro pilastri:
- La chimica positiva, uno stato fisiologico che accende la creatività, stimola la connessione con gli altri, ci consente di lavorare meglio.
- Il capitale sociale, ovvero la capacità di costruire relazioni durature nel tempo.
- Lo sviluppo dell’essere umano, cioè il trattare ogni lavoratore non come una macchina ma come una persona con bisogni, talenti e uno scopo da perseguire.
- La disciplina, ovvero pratiche costanti e continuative per realizzare risultati nel corso del tempo.
Un’azienda positiva agisce su questi aspetti da diversi punti di vista.
- Cultura: l’azienda intesa non solo come modo per ottenere profitto, ma come forza inserita in un contesto sociale e ambientale, che ha un impatto sul mondo.
- Leadership: una leadership positiva è diffusa e non gerarchica, si basa sul servizio e sulla cura delle persone, non sul potere. Un’azienda positiva costruisce una struttura che permette alle persone di fiorire indipendentemente dal singolo capo.
- Processi: le dinamiche positive influenzano tutti i processi aziendali, dalla selezione alla valutazione della performance.
Quindi parlare di felicità significa parlare di competenze, comportamenti, processi, modelli di leadership… che portano a risultati concreti!
Un lavoratore felice è soddisfatto, realizzato, collabora meglio con gli altri e produce di più: agire sulla positività significa agire sui driver che incidono su dimensioni come engagement e performance.
LA FELICITÀ SI COSTRUISCE NEL TEMPO, E RENDE PIÙ FORTI
Nel corso degli anni la sensibilità delle aziende verso il tema è cambiata. Se nel 2015 l’atteggiamento prevalente era un attivo ostracismo (la felicità era ritenuta un affare privato o tuttalpiù una moda), nel corso degli anni puntare su concretezza e risultati ha creato in molte organizzazioni spazi di apertura e curiosità.
Il 2020 è stato dirompente, ha cambiato logiche e priorità rispetto al modo di lavorare, al modo di relazionarsi delle persone, al rapporto delle persone con la propria azienda.
Come hanno affrontato questo periodo le aziende positive?
Le esperienze di questi mesi hanno dimostrato che chi aveva investito su capitale sociale, cura della persona e pratiche ispirate alla chimica positiva ha retto meglio l’impatto, rispondendo alla crisi con più velocità, minore impatto sui costi, migliori risultati e maggiore compattezza.
Molte aziende che al contrario non avevano investito su questo cambiamento culturale si sono invece rese conto di quanto fosse necessario lavorare in modo strutturato, e non con iniziative sporadiche.
DOVE INZIA UN’ORGANIZZAZIONE POSITIVA?
L’emergenza legata al Covid rende questo momento difficile, ma è anche una grande occasione per sperimentare: se non ora, quando?
Secondo Daniela, un’organizzazione che vuole diventare positiva deve agire su due versanti.
- Lavorare sulla consapevolezza: quanto processi, leadership, strategie aziendali funzionano in chiave positiva? Che tipo di azienda vogliamo diventare (o che tipo di singolo professionista voglio essere)? E di conseguenza, che impatto voglio lasciare in questo mondo?
- Stare vicini alle persone e ascoltarle, non dando per scontato di conoscere in anticipo bisogni, desideri, necessità di tutti. La partita si gioca su vicinanza e prossimità, soprattutto in Smart Working!
Se vuoi raccontarci la tua esperienza, approfondire i temi dell’intervista o suggerirci nuove conversazioni, scrivici a pausa.caffe@zetaservice.com
Puoi riguardare tutta la conversazione con Daniela Di Ciaccio qui sotto. Buon caffè!