Un mito da sfatare è quello che vede il cervello umano come un computer, che segue una propria programmazione “naturale”, indifferente agli stimoli esterni. Sempre più psicologi e scienziati hanno invece dimostrato che le performance del cervello dipendono strettamente dal contesto in cui le persone operano.
Quando le persone occupano spazi che considerano di propria appartenenza, si sentono più fiduciose e capaci.
Ma cosa intendiamo per “appartenenza”?
Come ha evidenziato la scrittrice scientifica Annie Murphy Paul nell’articolo del New Scientist, l’appartenenza è un sentimento, è il senso di inclusione e la percezione del nostro valore in un determinato contesto. Ci sentiamo appartenenti quando percepiamo di essere accettati, quando le nostre differenze sono riconosciute e tollerate, quando ci sentiamo connessi con gli altri.
Allo stesso modo, anche gli spazi che abitiamo concorrono a percepire “un senso di adeguatezza o disagio”, grazie a segnali che comunicano agli occupanti se sono ben accetti o meno. Quando entriamo in uno spazio che sentiamo nostro, infatti, si verificano una serie di cambiamenti psicologici e persino fisiologici: è quello che nel calcio possiamo definire vantaggio casalingo, il fenomeno per cui gli atleti tendono a vincere di più quando si trovano nel proprio stadio o nella propria struttura sportiva.
Il luogo in cui ci troviamo ci aiuta a pensare e focalizzarci sul lavoro: “giocare in casa” limita la necessità di analizzare e controllare l’ambiente intorno a noi, e facilita comportamenti e routine efficaci.
Riscoprire il senso di appartenenza e di identità in connessione al proprio impiego e al proprio luogo di lavoro ha delle applicazioni pratiche molto intuitive: ogni lavoratore che si sente emotivamente e fisicamente sicuro e accettato all’interno dell’ambiente e della “squadra”, tende a sviluppare più fiducia nei propri risultati e capacità, generando di conseguenza una ricaduta positiva sulle performance lavorative.
COME POSSIAMO SFRUTTARE QUESTA CONSAPEVOLEZZA?
Se da un lato la pandemia ha alterato gli spazi di lavoro cui eravamo soliti frequentare, dall’altro ci ha chiesto, laddove il luogo fisico è venuto meno, di ripensare e ricostruire questo senso di appartenenza.
Con Eleva accompagniamo le imprese a (ri)prendere consapevolezza dei propri sistemi di valore e modelli comportamentali, e a capire come trasmetterli, riprodurli e veicolarli anche tramite gli ambienti fisici di lavoro. Se da un lato l’appartenenza ad un ambiente di lavoro produce “controllo della situazione” e migliora le prestazioni, dall’altro l’appartenenza al gruppo crea legami di sostegno indispensabili in situazioni di vita emergenziali.
Strettamente legato alla percezione di appartenenza la presenza di una cultura collaborativa.
Uno dei primi step da cui ripartire è la comunicazione, che crea (o meno) un legame emotivo del lavoratore con l’azienda: spesso si ha la l’impressione che in un’azienda vi sia la mancanza di condivisione di un disegno comune, per cui ciascun collaboratore o reparto ha una conoscenza vaga e generale degli obiettivi aziendali o degli altri reparti. La mancanza di una comunicazione trasparente è uno degli ostacoli più ingombranti al coinvolgimento delle persone.
Sviluppare la percezione di appartenenza in azienda significa costruire un ambiente di lavoro di significato per chi vi lavora e, per questo motivo, un ambiente piacevole in cui le persone desiderano rimanere.
Stabilire una relazione diretta tra senso d’appartenenza e azioni da intraprendere per migliorare questa percezione può non essere facile. Eleva ha sviluppato per questo motivo un sistema di valutazione del clima aziendale, che può risultare indispensabile per fotografare il divario che esiste tra le attese dei collaboratori e la realtà da loro vissuta; lo scarto tra ciò che il top management crede d’aver raggiunto in termini di condivisione della cultura aziendale e l’effettivo livello d’accettazione da parte delle persone.
Sviluppare un forte senso di appartenenza all’azienda può fare la differenza, sia in termini di benessere personale del lavoratore (un dipendente che si sente utile e percepisce di essere direttamente coinvolto nel progetto aziendale rinforza la sua autostima, è più motivato), sia in termini di crescita dell’impresa (le risorse, quando riconosciute e valorizzate, tendono a dare il meglio di sé e ad affrontare anche le sfide più complicate).
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