Contratto a tempo determinato 2021, cos’è?
Il contratto a tempo determinato dà luogo ad un rapporto di lavoro subordinato che è destinato a cessare i suoi effetti alla data di scadenza prevista, senza necessità di una comunicazione formale fra le parti.
Negli anni, il contratto a tempo determinato ha subito numerose modifiche normative, da strumento di flessibilità alla reintroduzione delle causali introdotte dal Decreto Dignità. La disciplina è contenuta negli articoli 19 e seguenti del D.lgs 81/2015. La caratteristica del contratto a termine è che il rapporto di lavoro si estingue automaticamente alla scadenza del termine prefissato. Al fine di promuovere un’occupazione più stabile, negli anni, il legislatore ha posto diversi limiti all’utilizzo di questa tipologia di contratto a tempo determinato.
Non sono soggette alla disciplina dei contratti a termine quelli conclusi con i dirigenti, ferma restando la durata massima di 5 anni. Di seguito analizzeremo le principali disposizioni relativamente all’utilizzo di questa tipologia di contratto a tempo determinato e le deroghe 2021 previste dalla normativa emergenziale Coronavirus.
L’attuale normativa emergenziale che ha disposto per quasi un anno la sospensione della normativa introdotta dal Decreto Dignità, suggerisce che lo strumento del contratto a termine - così come riformato, mal risponde alle esigenze future del mercato del lavoro che dovrà essere rivisto sia dal punto di vista della flessibilità che della riorganizzazione: garantire alle imprese un maggior utilizzo di questo strumento anche in termine di liberalità, pur mantenendo una durata massima, consentirebbe una maggior ripresa economica al termine dell’emergenza sanitaria.
Quanto dura il contratto a tempo determinato?
Tra i limiti introdotti dal legislatore vi è la previsione di una durata massima del contratto a tempo determinato. Il contratto a termine non può superare la durata complessiva di 24 mesi, salvo diverse disposizioni dai contratti collettivi applicati. Per il computo dei 24 mesi vanno considerati tutti i rapporti di lavoro anche a scopo di somministrazione stipulati con il medesimo lavoratore e conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale.
Sono esclusi dal limite di durata massima le attività stagionali individuate sia dalla contrattazione collettiva che dal DPR 1525/1963, di seguito alcuni esempi:
- Raccolta e conservazione dei prodotti sottobosco (funghi, tartufi, fragole, lamponi, mirtilli, ecc.)
- Attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche, che abbiano, nell'anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuati
- Raccolta, cernita, spedizione di prodotti ortofrutticoli freschi e fabbricazione dei relativi imballaggi.
- Raccolta, cernita, confezione e spedizione di uve da tavola e da esportazione.
- Lavaggio e imballaggio della lana.
- Fiere ed esposizioni
- Attività del personale addetto alle arene cinematografiche estive.
- Attività del personale assunto direttamente per corsi di insegnamento professionale di breve durata e soltanto per lo svolgimento di detti corsi.
Cosa succede alla scadenza del contratto a tempo determinato?
In seguito alla riforma apportata dal Decreto Dignità, per poter stipulare un contratto a tempo determinato della durata superiore a 12 mesi è necessario utilizzare una causale predefinita dal legislatore:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria
La reintroduzione delle causali per rinnovo del contratto a tempo determinato è spesso un deterrente dall’utilizzo di un contratto a tempo determinato della durata superiore ai 12 mesi in quanto si presta a contestazione o controversie, a eccezione di quella per ragioni sostitutive. In caso di rinnovo del contratto a tempo determinato è sempre obbligatorio introdurre una causale indipendentemente dalla durata dei contratti, quindi anche laddove non si siano ancora superati i 12 mesi.
Proroga e rinnovi di contratto a tempo determinato: quanti è possibile farne?
Particolare attenzione merita la disciplina prevista in caso di proroghe e rinnovo del contratto a tempo determinato: la proroga del contratto a tempo determinato consente di spostare in avanti il termine inizialmente fissato, sempre nei limiti dei 24 mesi consentiti. La proroga deve pertanto essere effettuata prima della scadenza del termine iniziale.
Il legislatore anche in questo caso ha previsto delle limitazioni, infatti il contratto a tempo determinato può essere prorogato per un massimo di 4 volte nell’arco dei 24 mesi.
Non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo a un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo.
Il rinnovo del contratto a tempo determinato, invece, consiste nella stipula di un nuovo contratto tra le medesime parti una volta terminato il contratto iniziale. Prima di effettuare un rinnovo è necessario rispettare un periodo di pausa contrattuale, c.d Stop&go. Il lavoratore potrà essere riassunto dopo 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi.
Non sono soggetti alle limitazioni delle proroghe o dei rinnovi i contratti conclusi per attività stagionali.
Proroga contratti a tempo determinato 2021: è possibile rinnovare in caso di uso di ammortizzatori sociali?
Di recente la nota dell’Inl n. 762/2021 ha confermato che è possibile prorogare o rinnovare i contratti a termine anche per i datori che hanno in corso ammortizzatori sociali ai sensi del DL 41/2021, in deroga al divieto previsto dall’art. 20 co.1 lett. C del D.lgs 81/2015, purché i lavoratori siano in forza alla data del 23 Marzo 2021.
Diritto di precedenza nei contratti a tempo determinato, quando scatta l'obbligo di assunzione a tempo indeterminato?
Il lavoratore a termine, con contratto a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi, ha diritto ad esercitare il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate, come previsto dall’art. 24 del D.lgs 81/2015, dunque il lavoratore interessato ad essere assunto a tempo indeterminato, in caso di posti vacanti, dovrà esercitare il diritto di precedenza nelle modalità e nei termini stabiliti dal legislatore. In tal caso, il lavoratore dovrà manifestare la volontà di avvalersene in forma scritta entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Occorre evidenziare l’importante disposizione normativa secondo la quale il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di assunzione, ciò a prescindere dalla durata prevista del singolo rapporto a termine. A tale proposito, il Ministero del Lavoro ha precisato che la mancata informativa sui diritti di precedenza non incide sulla possibilità che il lavoratore possa comunque esercitarli (*Min. Lav., circ. 30.7.2014, n. 18).
Si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo in capo al lavoratore: ne deriva che, in caso di violazione, il datore di lavoro può essere chiamato a risarcire il danno derivante dall’omessa tempestiva assunzione; tale danno, non essendone prevista la misura nella norma, sarà stabilito da parte del giudice con valutazione equitativa.
Una particolare situazione può verificarsi qualora il datore di lavoro debba procedere a un’unica assunzione a tempo indeterminato e i titolari siano in numero superiore. In tali situazioni, qualora il CCNL applicato non preveda ben definiti criteri, occorre far riferimento ai:
- criteri di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e 1375 c.c., quali, per esempio, anzianità totale maturata con i precedenti contratti a tempo determinato oppure ordine cronologico di arrivo delle comunicazioni da parte dei lavoratori; ovvero
- particolari esigenze produttive; ovvero, infine,
- condizioni sociali e familiari dei “pretendenti”.
Almeno per ragioni di opportunità e prova, è preferibile che il datore dia conto dei criteri di priorità che saranno eventualmente utilizzati già nella lettera di assunzione, posto che il lavoratore deve essere informato dell’esistenza del diritto di precedenza già all’atto dell’assunzione a tempo determinato.
Diritto di precedenza e attività stagionali
Il lavoratore assunto per attività stagionali, può invece esercitarlo entro tre mesi dalla cessazione. Nelle more dell’esercizio del diritto di precedenza, il datore di lavoro può assumere altri lavoratori. Il Ministero del Lavoro ha inoltre chiarito che non costituisce violazione del diritto di precedenza la conferma in servizio dell’apprendista al termine del periodo formativo.
Trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato
L’art. 28, co. 1, del Dlgs 15.6.2015, n. 81, dispone che l’impugnazione del contratto a tempo determinato da parte del lavoratore dopo la risoluzione del rapporto di lavoro deve avvenire entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto. L’impugnazione nel termine previsto deve avvenire in forma scritta, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto a impugnare il contratto a termine.
L'impugnazione del contratto a tempo determinato è inefficace se non è seguita, entro il successivo (analogo) termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso in tribunale o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati, o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
Ove, invece, il tentativo di conciliazione sia stato regolarmente espletato, sia pure con esito negativo, si applica il termine di 180 giorni per il deposito del ricorso giudiziale, decorrente dalla data dell'impugnazione stragiudiziale, ma il termine rimane sospeso per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, ai sensi dell’art. 410 c.p.c.
Ai sensi dell’art. 28, co. 2, del decreto legislativo 15.6.2015,n. 81, nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (come in seguito specificato), il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento.
La trasformazione del contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato è prevista in caso di:
- Stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi in assenza delle condizioni, ossia delle “causali” espressamente indicate nell’art. 19, co. 1
- Superamento del limite massimo dei 24 mesi di durata, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti (in relazione solamente a tale ultima ipotesi: salvo diversa previsione del contratto collettivo)
- Mancato rispetto della procedura per la stipulazione di un ulteriore contratto a termine avanti l’Ispettorato del Lavoro competente per territorio o superamento del termine stabilito nel medesimo contratto
- Violazione del divieto di apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato, nei casi indicati nell’art. 20, co. 1
- Rinnovo del contratto senza il rispetto delle condizioni di cui all'art. 19, co. 1, ossia omettendo l’indicazione delle causali
- Proroga del contratto omettendo l’indicazione delle causali ove il termine superi la durata massima di 12 mesi
- Superamento del numero massimo di proroghe consentite (che è pari a 4) nell’arco di 24 mesi
- Riassunzione del lavoratore a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi
- Continuazione del rapporto oltre il 30° giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, ovvero oltre il 50° giorno negli altri casi
- Riassunzione del lavoratore a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi
- Continuazione del rapporto oltre il 30° giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, ovvero oltre il 50° giorno negli altri casi
Proroghe contratto a tempo determinato nel 2021 e emergenza Coronavirus, limiti e informazioni utili
L’emergenza sanitaria e la conseguente crisi dell’occupazione ha fatto sì che temporaneamente venissero superate le rigidità introdotte per questa tipologia contrattuale. Dapprima il Decreto Rilancio e da ultimo il Decreto Sostegni hanno reso possibile prorogare o rinnovare, una sola volta e per un massimo di 12 mesi ed entro il 31 dicembre 2021 i contratti a termine senza necessità di introdurre una causale, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi, senza tener conto di precedenti proroghe o rinnovi già intervenuti ai sensi delle precedenti deroghe (previste dal DL 34/20; DL104/2020; L. 178/2020).
Vengono pertanto azzerate le proroghe o i rinnovi dei contratti a tempo determinato effettuate in via derogatoria alla disciplina in vigore previste dalle precedenti disposizioni emergenziali. Le nuove previsioni derogatorie si applicano alle proroghe o rinnovi effettuati a partire dal 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del Decreto Sostegni). La novità si applica anche ai contratti di lavoro in somministrazione a termine.
Fino a fine anno 2021 non sarà inoltre necessario rispettare il periodo di Stop&Go in caso di riassunzione a termine (rinnovo). L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ritiene inoltre che la disposizione permetta anche la deroga alla disciplina sul numero massimo di proroghe (4 nell’arco di 24 mesi).