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23 giugno 2016 Self Responsibility | terzo appuntamento
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Self Responsibility | terzo appuntamento

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“Non chiederti di cosa ha bisogno il mondo. Chiediti che cosa ti rende vivo e fallo. 

Perché ciò di cui ha bisogno il mondo sono persone vive”.

Howard Thurman 

 

Il percorso di approfondimento sul concetto di “self-responsibility”, che ho tradotto in responsabilità personale, prosegue con la terza tappa alla scoperta delle molteplici sfaccettature racchiuse nel termine. (Qui il Primo e il Secondo appuntamento)

Self Responsibility: “Inside-out”

Sabato sera nella capitale: sono a cena in un locale affollato, un locale “di tendenza” dove anche il menù è all'insegna dell’informalità. Clientela giovane, molto giovane, con età media attorno ai 24 anni. In attesa di essere servita mi guardo attorno; ragazzi in abbigliamento casual servono ai tavoli, mi preparo ad una lunga attesa. Li osservo distrattamente mentre svolgono il loro lavoro e vengo catturata dalla professionalità con cui riescono a garantire un servizio eccezionale nonostante il locale sovraffollato: noto la serietà, la concentrazione dei loro volti, il ritmo con cui svolgono il proprio lavoro, le rapidi comunicazioni che si scambiano per ottimizzare gli spostamenti, la fluidità nei movimenti. Sono veloci ma non frenetici, sono organizzati ma soprattutto “disciplinati”.

“Ogni risultato eccellente è frutto di disciplina, in ogni ambito, compreso quello artistico”. Ci ricorda William Frank Diedrich, nei suoi interessanti lavori sul tema “dell’adultità”.

Ha ragione, l’eccellenza non è questione di fortuna, bensì di disciplina, responsabilità.

Ma la disciplina della quale stiamo parlando, l’auto-regolazione, non ha nulla a che vedere con il rispetto di regole imposte dall'esterno.

È una dimensione interiore e come tale richiede cura, allenamento; richiede soprattutto una scelta fondamentale, quella di voler essere attori della propria vita, non sempre protagonisti ma attori consapevoli, secondo un movimento che Stephen Covey definiva “inside-out”, da dentro a fuori, partendo dai propri spazi di responsabilità e intervento.

In organizzazioni dove si vive una cultura della disciplina interiore, della responsabilità individuale, ciò che muove le persone è la percezione del valore di ciò che si fa, la consapevolezza di agire per uno scopo comune, sostenuti da un sentimento di connessione con gli altri. Nelle organizzazioni dove non c’è questa cultura si lavora secondo meccanismi reattivi, cercando all'esterno di sé colpe e responsabilità (outside-in), diventando esecutori, erodendo così il proprio potere.

Nei ragazzi che servivano in quel locale, era evidente la consapevolezza di uno scopo comune e la percezione del valore di ciò che stavano facendo, del servizio che rendevano.

Stiamo giungendo al termine del nostro approfondimento, la prossima settimana trarremo le conclusioni del percorso sulla Self Responsibility: restate collegati.

Anna Rita Scolamiero

Anna Rita è un Counsellor Formatore e da anni svolge la propria attività professionale all’interno di organizzazioni, nell’area della formazione, dello sviluppo del personale e del counselling.

Anna Rita collabora con Eleva, la nostra divisione dedicata allo sviluppo del capitale umano